Perchè quanto scritto in un piano strategico molto spesso si realizza poco, o per nulla, e non nei tempi previsti?

Data la natura autopoietica dell’organizzazione, e sopratutto la sua chiusura operazionale, nessun piano esterno potrà mai essere recepito come tale. Esso verrà interpretato come una perturbazione e compreso secondo la struttura interna dell’organizzazione. E’ invece molto più importante il processo di progettazione strategica che consente all’organizzazione di ragionare su se stessa e ai manager di avere una conoscenza puntuale in quel momento dei vari sistemi organizzativi

E’ possibile definire obiettivi chiari e misurabili?

Sì laddove sia possibile definire in maniera chiara e senza possibili interpretazioni, in termine tecnico “calcolabile”, le attività necessarie a raggiungerli. Detto in altri termini, tali attività per essere realizzate non devono consentire decisioni ma solo calcoli. Laddove sia possibile però non ci sarebbe più bisogno di sistemi organizzativi fatti di persone ma di sistemi fatti da macchine. Questo scenario è già stato realizzato, ad esempio, nei reparti saldatura e verniciatura delle fabbriche automobilistiche o nei magazzini della logistica. Negli altri casi l’obiettivo chiaro e misurabile sarà solo una indicazione di movimento per l’organizzazione che in ogni caso la interpreterà.

Perchè il cambiamento spaventa e genera resistenze?

Il «cambiamento» inteso come volontà di modifica dall’esterno delle strutture di esistenza e comportamento di un sistema autopoietico, quale l’organizzazione è, non è applicabile. Il concetto di cambiamento in tal senso è dei sistemi fatti dall’uomo (eteropoietici). Nelle organizzazioni esiste una linea evolutiva che può portare, col tempo, ad osservare dei comportamenti diversi dal passato. Lo spavento, e la conseguenza resistenza, emergono in quanto il progetto di cambiamento è quasi sempre disallineato con le linee evolutive e da qui viene interpretato come minacciante l’esistenza stessa dell’organizzazione per come si è formata e sopravvive in quel momento. Essendo la comprensione della comunicazione del progetto, come qualsiasi tipo di comunicazione, caratteristica esclusiva di chi la riceve, nessuna azione direttiva può prevedere le conseguenze di un tentativo di influenzare l’evoluzione o l’esistenza del sistema. Il tema ricade allora nella capacità di un opportuno accoppiamento strutturale dell’organizzazione con il suo ambiente, se si vuole mantenere la struttura del sistema, oppure di una sua disintegrazione.

Ai manager è sempre più spesso richiesto di prendere decisioni informate basate sui dati e in tempi rapidi. Come fare in presenza di scarsità di entrambi?

Le decisioni non si prendono sui dati (per un approfondimento leggere questo articolo dell’Harvard Business Review). La chiave per il decision making è contestualizzare la decisione prima di cercare i dati. Tale cornice parte dalla conoscenza della strategia dell’azienda e dei sistemi e l’ambiente che lo costituiscono. La richiesta di maggior tempo e/o dati denuncia però la volontà di poter fare calcoli più che prendere decisioni. Queste ultime infatti richiedono un’assunzione di responsabilità tra scelte equivalenti in quel momento.

Che differenza c’è tra cercare un pistone per un cilindro e una persona per un ruolo? 

In teoria occorre in entrambi i casi avere una descrizione accurata sia del cilindro che del ruolo. Se si fanno bene queste operazioni, allora il pistone scorrerà bene nel cilindro ma il candidato non necessariamente “funzionerà bene” nell’organizzazione.
La ragione è semplice, secondo la metafora autopoietica il ruolo del pistone è predeterminato da chi ha progettato il cilindro perché entrambi sono progettati dall’uomo, l’organizzazione invece si evolve di continuo, così come la persona, e dunque è impossibile e inutile utilizzare in toto un modello meccanicistico.

L’organizzazione è fatta di Persone? 

L’organizzazione è un sistema sociale e se definiamo un “sistema” non secondo le sue componenti ma per quello che fa (i suoi processi), allora le persone sono sì condizione necessaria per l’organizzazione ma questa è fatta di altro (vedere questo post per una discussione più dettagliata)

L’allenatore fa parte della squadra che allena? E il manager fa parte della squadra che dirige?

Una “squadra”, ad esempio di calcio, è un insieme di 11 persone che “giocano a calcio”. E’ il loro giocare a calcio che li fa squadra. L’allenatore non scende in campo e non gioca a calcio, dunque da questa prospettiva non ne fa parte. Analogamente un gruppo di lavoro è caratterizzato dalle attività che svolge. Il manager che la gestisce non conosce tali attività e/o non le esegue col gruppo, dunque non ne fa parte. Dal punto di vista sistemico però entrambi, manager e allenatore, possono influenzare, e sono influenzati, dal sistema che gestiscono e dunque sono per loro ambiente. (Per una discussione più approfondita del tema consultare questo post)