Un gigante poco noto del pensiero moderno

10 maggio 2021

[email protected]

Nel 1960 il biologo cileno Humberto Maturana iniziò ad allontanarsi dalla tradizionale prassi di ricerca in biologia cercando di concepire i sistemi viventi nei termini di processi che li realizzano e non delle loro relazioni con l’ambiente. Negli anni si unì a tale sforzo un suo studente, Francisco Varela, con il quale pubblicò nei decenni successivi i risultati delle ricerche basate su questo approccio.  Fu nel 1972 (tradotto e reso disponibile in italiano nel 1979) che venne pubblicato il primo libro che descriveva la nuova teoria della autopoiesi: Autopoiesi e Cognizione. La realizzazione del vivente.

Si trattò di una vera e propria rivoluzione concettuale che dava conto in modo più preciso della complessità del vivente e illustrava meglio di altri approcci le modalità con le quali si realizzava e sviluppava. Successivamente nel 1984 (versione italiana nel 1992) fu pubblicato L’albero della conoscenza, nel quale non solo si illustrava nel dettaglio il concetto di autopoiesi, e le sue conseguenze, ma si chiariva meglio la tesi che la vita fosse un processo di cognizione, indipendentemente dal fatto che l’organismo possedesse un sistema nervoso o meno.

Ma cosa è la autopoiesi?
La parola nasce dal greco. “Auto”, prefisso largamente usato nella nostra lingua, significa di sé stesso, da sè, spontaneamente, con mezzi propri. “Poiesis” significa fare, creazione, produzione. Un sistema autopoietico è allora un sistema che si fa da solo, si costruisce e si mantiene in autonomia o, riprendendo la definizione originale di Maturana:

Una organizzazione di reti di processi di produzione, manipolazione e distruzione di componenti  che, in maniera ciclica sostengono e rigenerano il sistema stesso, mantenendone l’organizzazione interna.

Tale rete di processi del sistema costituisce la sua autopoiesi. Dunque processi che generano parti, ma le modificano e le distruggono anche, e a loro volta fanno lo stesso sui processi in maniera continua. Le implicazioni biologiche, ma più in generale filosofiche, erano enormi e aprivano spazi per considerare in modo nuovo il rapporto di tali sistemi con l’ambiente (l’accoppiamento strutturale), la specificità delle operazioni interne (la chiusura operativa), il ruolo centrale dell’osservatore (“tutto ciò che è detto è detto da un osservatore”), l’impossibilità di separare i processi dagli elementi che li generavano e viceversa rendendo inapplicabile la metafora della separazione hardware/software per il vivente e molto altro ancora. In qualche modo si riprendevano ed ampliavano alcune considerazioni epistemologiche che erano già state fatte dai fisici diversi decenni prima nel dar corpo alla fisica quantistica.

La portata innovativa della autopoiesi fu tale che pensatori e ricercatori di altre discipline la adottarono come base di partenza per esplorare in modo più proficuo i propri domini. La teoria fu dunque utilizzata da Niklas Luhmann per la sua innovativa e organica Teoria dei Sistemi Sociali, con influenze nella Teoria dell’Organizzazione e nell’Economia, Gunther Teubner nell’ambito dei sistemi legali, ma sono anche noti sviluppi di nuovi filoni di pensiero in psicologia e architettura.

Purtroppo è da constatare che nonostante la grande portata del lavoro di Maturana e del suo allievo Francisco Varela, scomparso nel 2001, la teoria autopoietica è ancora poco conosciuta e ancor meno praticata, probabilmente per la sua complessità e autoreferenzialità ma proprio per questo  così diversa da teorie più lineari e poco adeguate a cogliere la complessità del mondo che ci circonda. Come scrivevano Maturana e Varela nella prefazione dell’Albero della Conoscenza,  “Più di ogni altra cosa, questo testo è un invito ai lettori per lasciar andare le loro usuali convinzioni e arrivare così ad una diversa comprensione  biologica di cosa vuol dire essere umani.”

Pensatori e filosofi successivi hanno permesso di allargare quella comprensione oltre il biologico. Il lavoro di Maturana è stato una formidabile fucina di questa preziosa materia prima intellettuale. Riscoprirlo è il primo vero passo per realizzare quella “innovazione” di cui si parla tanto spesso oggi ma che senza il contributo teorico di idee così ardite ed originali, serve solo a dare diversa forma alle stesse convinzioni di sempre, di cui non riusciamo a liberarci e che sono invece il principale ostacolo a quella innovazione alla quale aspiriamo.

Luciano Martinoli