Se nulla sarà come prima…

13 novembre 2020

[email protected]

Recentemente sono stati resi noti i dati di un’indagine realizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi e da una community di direttori risorse umane e amministratori delegati. Lo studio, dal titolo “Il benessere psicologico ai tempi del Covid-19, le necessità delle aziende italiane”, è stato condotto nel periodo intercorso tra fine aprile e fine giugno 2020. 

Sono emersi, come principali elementi:

Sentimenti di preoccupazione e responsabilità percepita che riguardano sia la gestione della situazione contingente sia l’incertezza rispetto alla prospettiva futura…”

“… stato d’incertezza per una situazione mai affrontata prima…”

“…percezione di maggiore carico cognitivo, oltre alla dimensione emotiva, derivante dall’esigenza di affrontare uno scenario inesplorato…”

La fotografia fa emergere un quadro sulla popolazione manageriale, almeno quella oggetto della ricerca, alquanto preoccupante non solo per lo stato delle singole persone ma anche perché dimentica la dimensione organizzativa, di immediato interesse per le aziende. Per comprenderlo, ripercorriamo la tipologia del carico di lavoro di un manager responsabile di una organizzazione (che da qui in poi chiameremo “sistema”) di qualsiasi dimensione. Essa dovrebbe essere divisa in due principali attività. La prima, che è prevalente, è quella operativa, caratterizzata dalla routine della quotidianità che assicura il procedere del sistema, il suo “andare avanti” in maniera più o meno ripetitiva, comunque prevedibile. Per poterlo fare, senza grossi problemi, il sistema deve muoversi in un “ambiente” (mercato, resto dell’organizzazione, utenza per i fornitori dei servizi pubblici, eccetera) mediamente stabile. Qualsiasi novità rilevante è un disturbo, qualsiasi volontà esterna di cambiamento una minaccia. L’incertezza è un problema.

La seconda, meno frequente ma non per questo meno importante (anzi il contrario), è quella strategica che riguarda il relazionarsi del sistema nel suo ambiente. E’ un esercizio complesso, che parte dalla comprensione delle dinamiche del sistema (l’organizzazione che si è chiamati a gestire) per capire quanto si potrà adattare ai mutamenti ambientali o quanto potrà puntare addirittura a modificare l’ambiente con il suo comportamento (creazione nuovi mercati, input positivi al resto dell’organizzazione, eccetera). Inoltre questo esercizio strategico dovrà andare di pari passo con la dimensione operativa (la “macchina” organizzativa non si può fermare) e confluire in essa nel miglior modo possibile, migliorandola e modificandola senza incomprensioni (pena le famose “resistenze”).

 

 

Non lasciare mai che una crisi vada sprecata

E’ evidente che l’ esercizio strategico, il cui scopo è un miglioramento delle funzionalità sistemiche, deve generare disturbi, altrimenti non vi sarebbe innovazione, ma è anche favorito, se non addirittura reso obbligatorio, in momenti di grande discontinuità e incertezza. Inoltre tale incertezza è chiaro segnale dell’esistenza di spazi di progettualità certamente ignoti ma, proprio per questo, ricchi di informazioni e opportunità.  Viceversa l’urgenza strategica è meno sentita, pericolosamente come il paradosso della rana bollita ci evidenzia, in periodi di stabilità sia per convenienze, la macchina che funziona bene la si lascia funzionare, sia per presunte impossibilità, in un contesto stabile si pensa sia più difficile determinare cambiamenti.

A fronte di questo sintetico quadro, speriamo condivisibile, come spiegare il generale sconcerto causato dall’apparire e il perdurare della pandemia?
Vi possono essere due possibili interpretazioni, non necessariamente alternative.

La prima è che la popolazione manageriale presa in considerazione dall’indagine, è in condizione di appiattimento sulla dimensione operativa. Dunque fare il manager, in questa prospettiva, significa gestire le operazioni, la routine e basta. Se il sistema, la propria organizzazione, era già in cattiva relazione con l’ambiente, e tale stato si è cronicizzato dando l’impressione che le difficoltà operative siano ineludibili, l’attuale momento non ha fatto altro che peggiorare uno stato delle cose dal quale si ritiene non si possa scappare. 

Detto in altri termini: la vita (organizzativa), che non si può cambiare, è già difficile di per sé in tempi normali, figuriamoci ora. Vien da dire, come estrema sintesi di questo atteggiamento, “era meglio quando era peggio”. L’opzione dell’esercizio strategico non è proprio contemplata perché esclusa a priori in quanto non fa parte dei propri compiti; si ritiene che spetta ad altri.

La seconda riguarda un mancato bagaglio di conoscenze e una polarizzazione sulle difficoltà (paradosso del lampione), oggi particolarmente favorito considerando la situazione determinata dalla pandemia. Lanciare una Progettazione Strategica è esercizio indispensabile proprio perché ormai siamo consci che “Nulla sarà come prima”. Dunque invece di affannarsi a cercare di fare le stesse cose vi è l’occasione, ma anche l’obbligo, di ripensarle profondamente laddove vi sono gli spazi di intervento (e ve ne sono infinti, basta allontanarsi dal lampione!)

 “Non lasciare mai che una crisi vada sprecata” è l’invito, rubando una frase attribuita a Barack Obama, da rivolgere a tutti i manager, ma anche a molti imprenditori!  Non siamo davanti  ad un acciacco accidentale  ma di fronte ad una necessità, se non ad un obbligo, di profondi cambiamenti (meglio ancora di “veloci evoluzioni”).

Le “necessità delle aziende italiane” allora, come suggerisce il titolo della ricerca, sono quelle di chiarire, invitare e mettere in condizioni i manager, dall’alto verso il basso, di esercitare il loro importante ruolo nell’accompagnare un processo di riconfigurazione ed evoluzione dell’organizzazione di cui sono responsabili proprio approfittando, e non subendo, le incertezze con le quali la pandemia ci ha inondato. Esse sono da esplorare come spazi di libertà da esercitare e non come la caduta di comodi, ma rigidi e ingessati, dispositivi di protezione (individuali e organizzativi).

L’utilizzo dell’incertezza in tal senso  avrà benefici effetti sui singoli manager e, a cascata, sull’organizzazione che, a sua volta, influirà positivamente sulla psiche di tutti i membri organizzativi.

[email protected]