Ricerca, Innovazione, Crescita

16 dicembre 2022

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Un interessante articolo del Wall Street Journal indaga sulla presunta relazione tra crescita economica, innovazione e ricerca. Solo negli Stati uniti a fronte di un investimento del 3% del PIL, superiore al picco che ci fu agli inizi degli anni 60 nel pieno della corsa spaziale, la crescita è stata solo dello 0,5% all’anno sul decennio passato. La conferma che vi sia poca relazione tra i tre fenomeni viene anche da altre evidenze. Le aziende più innovative, e di conseguenza con maggior valore, non sono quelle che spendono di più in R&D. Ad esempio la Tesla, nei passati tre anni, ha speso un equivalente del 15% di quanto hanno speso General Motors e Ford messe insieme. Eppure il suo valore di mercato è più di cinque volte quello dei due rivali.

Per cercare di sbrogliare questa apparentemente ingarbugliata matassa, è il caso porsi in una prospettiva meno lineare, e meno banale, di quella consueta. Economia e Scienza sono due sistemi sociali separati, che certamente interagiscono fra loro ma hanno operazioni proprie di funzionamento che le distingue. Di conseguenza la crescita economica non è in stretto rapporto causale, e lineare, con la ricerca scientifica.

 

 

 

Le aziende più innovative, e di conseguenza con maggior valore, non sono quelle che spendono di più in R&D

Il caso Tesla ne è una dimostrazione tangibile. Ancor prima lo è stata l’iphone, il cui primo modello era totalmente basato su tecnologie esistenti. Un altro esempio, senza andare troppo nel sofisticato, è Nespresso che ha reinventato il consumo di caffè nelle case e negli uffici utilizzando ciò che era già disponibile tecnologicamente. In questi casi l’innovazione c’è stata, ma di significato di tecnologie esistenti ed è questo che ha innestato la crescita in quei settori, non l’applicazione di chissà quali nuove idee scientifiche.

Purtroppo il mito che politici ed economisti hanno in testa, ricerca→innovazione → crescita, oltre a mettere in relazione stretta ciò che non è per nulla conseguente, esclude la dimensione significante dell’innovazione. Ma è proprio questa che spinge il mercato a muoversi. Quante volte abbiamo assistito a innovazioni tecnologiche che non hanno generato un bel niente, laddove le stesse tecnologie, riproposte anni dopo con un preciso “senso”, hanno creato mercati prima inesistenti?

È il caso, ad esempio, delle video chiamate telefoniche. In Italia furono presentate per la prima volta da H3G, poi diventata Tre e da qualche anno fusa con Wind, quasi venti anni fa. L’operatore pensava che grazie a questa “innovazione” avrebbe potuto conquistare facilmente importanti quote di mercato anche dai concorrenti che non offrivano apparati con tali funzionalità.
Non accadde nulla.

Il motivo era che la video chiamata non aveva nessun “senso” per un’oggetto come il telefono al quale era richiesto soltanto consentire di parlare ed ascoltare, non vedersi. Solo alcuni anni dopo grazie alla presentazione dell’iphone iniziarono a diffondersi le consuetudini alle video chiamate perché quell’oggetto non era più un telefono ma un terminale di accesso a svariati servizi. “Telefonare” era solo uno dei possibili usi dello smartphone e lo smartphone non era più un telefono.

Entrando nel sistema Scienza, vi è una differente considerazione da fare, che pure l’articolo del WSJ tocca:

…la produttività scientifica ha qualcosa a che fare con come è fatta la ricerca, non quanta ne viene fatta.

…le istituzioni che finanziano la scienza sono diventate orientate al processo, di mentalità ristretta e contrarie al rischio.

Il grande fisico Richard Feynmann pare disse, a tal proposito: “la ricerca scientifica è fare sesso, lo si fa per divertirsi e ogni tanto salta fuori qualcosa di buono”.

Fare ricerca scientifica significa prendersi rischi, con la conseguenza che molti progetti non andranno avanti. La ricerca deve dare priorità alla curiosità sulla specificità e la velocità. Bisogna finanziare le persone, non i progetti, lasciando ai primi la libertà di perseguire le loro intenzioni.

L’invasione dell’economia (le operazioni economiche) nella ricerca scientifica non ha fatto altro che imbrigliarla e rallentarla. La spasmodica ricerca delle “ricadute tecnologiche”, non ottiene altro risultato che spegnere le potenzialità della scienza. Il sistema che si è creato nel mondo accademico, fortemente orientato da tali pulsioni, ha prodotto innovazioni incrementali, di nicchia, nessuna nuova “grande idea”. Fino ad arrivare al paradosso che oggi, come brillantemente illustra un altro articolo del Wall Street Journal, il lavoro di Einstein sulla relatività generale non sarebbe pubblicato da nessuna rivista scientifica perché partiva da considerazioni filosofiche sullo spazio e sul tempo, perché privo di grafici e perché non comprendeva nessuna “ricaduta tecnologica” immediata. Stessa sorte sarebbe toccata a Kurt Godel, Alan Turing, Niels Bohr, Erwin Schroedinger e tanti altri (immagino sconosciuti a grande pubblico). Ma senza i lavori puramente scientifici di questi signori oggi non avremmo i computer, l’elettronica, i satelliti e tante altre tecnologie che hanno stimolato l’Economia che conosciamo e della quale godiamo i benefici.

C’è dunque bisogno di spezzare la catena che inchioda la Scienza ai bisogni dell’Economia e riportare, o riscoprire, la capacità di dare senso alla tecnologia esistente per stimolare l’Economia indipendentemente dalla Scienza.

Luciano Martinoli

2 risposte

  1. Non sono d’accordo con le conclusioni di questo articolo, la relazione tra investimenti in R&S e la crescita economica è rappresentabile come numero di nuove tecnologie di successo che generano alti ritorni di investimento e positivi impatti sociali. Questa relazione è fluttuante e può essere vista solo a medio o lungo termine, e non ha senso prendere in considerazioni casi singoli come per Ford o Tesla. Questi per quanto importanti sono minuscoli comparati con l’intero ecosistema tecnologico. Infine non sono d’accordo col finanziare solo singole persone invece che progetti, l’innovazione non nasce solo da creatività individuale ma anche da reazioni generative e da team che hanno un progetto.

    1. Grazie per il commento. La critica che l’articolo del WSJ, e il mio commento, è tra innovazione, ricerca e crescita, non nella singola ricerca e crescita.
      Il finanziare persone, e non progetti, non è una mia proposta ma una notizia dell’articolo WSJ, che la invito a leggere, e non una mia proposta (forse non l’ho evidenziato abbastanza). Tra l’altro pare che l’iniziativa, relativa all’innovaziono non alla R&D, abbia dato risultati positivi. Il finanziamento a persone vs progetti è una opzione per impedire, come descrive l’articolo, di mandare avanti progetti che ci si rende conto ad un certo punto che non vanno da nessuna parte, ma sono proseguiti solo perchè c’è il finanziamento.