Prevedere o creare il futuro?

[email protected]

27 marzo 2020

In questo ultimo periodo, caratterizzato da eventi catastrofici che hanno minato alle fondamenta le nostre certezze, vi è stato un aumento di articoli da parte dei “guru” della consulenza su come prendere decisioni.

Ad esempio si propone l’approccio probabilistico (articolo pubblicato su Harvard Business Review) che suggerisce, nell’impossibilità di scegliere la decisione giusta, di cercare di essere meno in errore usando tecniche probabilistiche.

“In caso di incertezza, come dovrebbero reagire i leader? Azzardare una grande scommessa o attendere e vedere cosa accade?”

La terza via suggerita dall’autore è quella dell’approccio probabilistico grazie al quale si faranno, se non proprio le cose giuste, quelle meno sbagliate.

Nell’articolo decision making in tempi incerti  (McKinsey) vi è una lista di suggerimenti per affrontare crisi come quella che stiamo vivendo: dal “prendersi un attimo di pausa” a fare “piccole scelte critiche”. Nel finale però si riconosce che questo è il momento delle grandi scelte, con grandi rischi ma anche grandi opportunità, e che vi è bisogno di pensare in grande (go big or go home). Insomma non è il momento dei pavidi e se ve ne sono è il caso che si facciano da parte per lasciare spazio a chi è in grado di prendere decisioni difficili anche se impopolari.

In strategia sotto incertezza (McKinsey) si classificano quattro livelli di incertezza e si prescrivono le modalità di decisione in ognuna di esse. Dallo scenario certo, nel quale è possibile prendere decisioni pianificando in maniera classica con i consueti strumenti, a quello con più incertezze dove però vi è l’opportunità di dare una struttura al mercato per indirizzarlo “ad una forma più stabile”.  

Il filo conduttore però sembra essere sempre lo stesso: si parte dall’assunzione che le cose dovranno accadere in uno specifico modo già determinato, che non conosciamo ancora, e si cerca di prevederlo. Inoltre vi è di sottofondo un tentativo di calmierare una “ansia”, cha attanaglia i manager, per le situazioni volatili che possano modificare i fondamenti del business.

Volendo accogliere la prospettiva sistemica, che evidentemente non è considerata dagli autori di questi articoli, le cose stanno in maniera diversa. Tutto ciò che accade nel mondo, e dunque anche nel business, non è pre-determinato ma frutto di eventi che emergono senza un rapporto di causalità con altri fattori.  L’ambiente del business, come per tutti gli altri sistemi sociali, è costantemente mutevole e qualsiasi sforzo di previsione ha successo solo ex-post come ricostruzione dell’accaduto. 

Inoltre proprio in virtù dei continui cambiamenti, e dell’aumento della loro velocità, la ricerca di “stabilità” appare futile e ingenua.

Il ruolo di chi è chiamato a decidere, i manager ma anche chiunque, ognuno nel proprio ambito, faccia parte di un’organizzazione, è quello di prendere costantemente decisioni al fine di “assorbire” l’incertezza di fondo e consentire l’emergere di qualcosa che vogliamo. Più il contesto è incerto e maggiori spazi di libertà vi sono per realizzare questa sorta di profezia che si auto-avvera.

Decisori che ambiscono a ricette preconfezionate, allo studio del meno peggio, o alla disperata ricerca di situazioni stabili e altamente prevedibili, forse hanno sbagliato mestiere perché sono proprio la volatilità e l’incertezza le caratteristiche, ormai strutturali, che giustificano il loro ruolo. Se non prendono decisioni che assorbano incertezze, e se ne assumono quella responsabilità di cui evidentemente i lettori di quegli articoli si vogliono spogliare, che ci stanno a fare  nelle aziende come nel resto della la società?

[email protected]