Il peso dei manufatti umani: senza la Teoria dei “Sistemi” Sociali non si può trovare una soluzione.

15 marzo 2021

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E’ stato pubblicato sulla rivista Nature, per poi essere riportata dai giornali di tutto il mondo, il risultato di una ricerca effettuata dal Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Istituto Weizmann di Rehovot in Israele. Secondo lo studio l’anno scorso il peso totale di tutto ciò che l’uomo ha costruito sul pianeta nel corso dei millenni, dagli edifici alle infrastrutture fino ai singoli prodotti, ha superato il peso di tutti gli esseri viventi, siano essi animali che vegetali.

E’ evidente dunque l’impatto dell’attività umana sull’equilibrio della Natura e come esso sia diventato prevalente. Ironia vuole che lo stesso studio abbia a sua volta anche esso aumentato la massa antropogenica sul pianeta, immaginando tutte le volte che l’articolo è stato stampato, producendo cartucce e toner esausti, o il consumo di materia prima fossile per produrre l’elettricità necessaria ad alimentare i computer che ci consentono di vedere l’articolo online (compresi tutti i giornali che hanno riportato la notizia e… questo stesso post!).

Allora siamo tutti responsabili, con i nostri comportamenti anche i più banali, nel generare l’aumento della massa antropogenenica? Cosa si può fare per invertire la rotta?

Una proposta potrebbe arrivare da un incontro da tenere in Cina verso la fine dell’anno, come riporta il New York Times, sostenuto dall’iniziativa 30×30: proteggere il 30% della Terra entro il 2030. L’idea principale è quella di istituire parchi e zone protette per consentire alla Natura di ripristinare la biodiversità necessaria alla vita. Vi sono però numerosi studi scientifici che dimostrano come territori gestiti dai nativi, in Brasile, Canada e Australia, hanno molta più biodiversità di quelli tutelati dai governi. Al summit cinese però (e qui dopo l’ironia incontriamo un gigantesco paradosso) non saranno invitati i rappresentanti delle popolazioni indigene e, come rileva giustamente Josè Gregorio Diaz Mirabal a capo del Coordinamento dell’Organizzazioni Indigene del bacino del fiume Amazzonia: “Se volete salvare solo gli insetti e gli animali e non le popolazioni indigene, c’è una grande contraddizione. Siamo un unico eco-sistema”.

Ma gli indigeni sono uomini o alieni? Se si porta un indigeno malato in ospedale, verrà curato in modo diverso da un abitante di Milano o Londra? E questo indigeno non è in grado di provare amore, odio, paura o altri sentimenti come uno di noi? Certo che sì. Ma allora non ci troviamo di fronte all’ Antropocene, la proposta era geologica nella quale le attività “umane” sono riuscite a modificare strutturalmente territori e clima, ma ad un particolare “sistema” sociale (Capitalistico? Occidentale? Consumistico? A voi la scelta dell’etichetta più appropriata) che ha provocato il disastro. Infatti altri sistemi sociali, realizzati sempre da esponenti della razza umana, sono ancora in grado di vivere in armonia con l’ambiente.

Vi è allora la necessità di accogliere, per comprendere con maggiore chiarezza la dimensione del problema e di conseguenza essere più efficaci nella sua risoluzione, una prospettiva completamente diversa al problema: l’approccio sistemico secondo il quale ogni sistema, caratterizzato dalle sue operazioni tipiche, assume caratteristiche e funzionalità proprie che non derivano in alcun modo dai suoi componenti. Arriveremo così a identificare, nel caso umano, una separazione del sistema biologico da quello psichico e quello sociale, pur essendo tutti e tre intimamente compenetrati. Sono le operazioni di ognuno di essi che sono profondamente diverse. Comprenderemo così che è la società occidentale, ovvero un “sistema” che emerge da noi(così come le società indigene emergono dalle persone che ne fanno parte), ad aver generato l’Antropocenee non la semplice somma dei corpi e delle menti degli abitanti del primo mondo, come glii stessi termini col prefisso “antropo” erroneamente fanno intendere.

Confondere il dominio sistemico sociale con altri, soprattutto quello psicologico dei singoli, è figlio di un approccio riduzionistico totalmente inadeguato per trattare aspetti sistemici, come ben sintetizza il Professor Minati nel suo “Parole di Sistemica”:

…considerare e usare in modo riduzionistico sistemi come se tali non fossero, considerarli solo per la loro funzionalità di interesse ignorando la loro natura e interazione, porta a gravi equivoci, a supposizioni e approcci inefficaci, e ad usi inappropriati. Casi di questo tipo si danno per esempio quando certe proprietà vengono trattate come possedute anziché sistemicamente acquisite, per cui sono prese in considerazione come variabili, ma ignorando il fatto che sono generate. Ne deriva un approccio che agisce sulle proprietà, ma non sul dispositivo generatore: la struttura e il processo di interazione vengono ignorati e trascurati, sia per semplificare sia perché l’osservatore ne è ignaro.   

Temo che qui ci troviamo proprio in questo caso. Parliamo di “uomini” e “antropo-qualcosa” laddove tali proprietà non sono possedute generalmente da tutti i singoli, e il caso degli indigeni lo dimostra, ma generate dalla  struttura e dal processo di interazione (che è sociale) che vengono ignorati e trascurati allo scopo di semplificare e perché l’osservatore ne è ignaro ( e non so quale dei due casi sia peggiore!).

Il caso qui descritto per l’ambiente purtroppo non è l’unico. Esso si ripropone, mutatis mutandis, in altri contesti; ad esempio quando si considera un’organizzazione, aziendale, partitica, di un ente, eccetera, come somma di persone. Oppure si pensa di “governare”, nel senso più stretto di “comando”, sistemi sociali quali ad esempio l’economia o l’istruzione emanando “ordini” alle persone (con i risultati sotto gli occhi di tutti come per il controllo dell’inflazione e i risultati delle riforme scolastiche).

E’ auspicabile allora una cambio di paradigma verso l’approccio sistemico al fine di consentirci di evitare gravi equivoci, supposizioni e approcci inefficaci, usi inappropriati e scongiurare, nel caso dell’ambiente, il paradosso degli indigeni: salvare piante ed animali e cacciare o distruggere le società che fanno parte dello stesso sistema.

Luciano Martinoli