Differenza tra "operazioni" e "strategia"

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12 marzo2020

Le organizzazioni sono fatte da comunicazioni di un tipo particolare: le decisioni. Senza di esse un assembramento di persone sotto lo stesso tetto, l’azienda, si riduce ad un collettivo di artigiani: bravi ognuno a fare il proprio lavoro la cui somma però non è superiore al totale che si potrebbe ottenere .

Tale processo decisionale è costante ed è concentrato sulle operazioni. Molte operazioni si sono dimostrate essere calcolabili e per trattarle si è ricorso allo strumento per eccellenza per fare “calcoli”: il calcolatore. Molte altre però hanno necessità di essere basate su decisioni non calcolabili. Ad esempio in amministrazione decidere di accettare un ordine da un cliente che non ha pagato le precedenti fatture, in produzione decidere come affrontare un sovraccarico ridistribuendo carichi di lavoro sulle macchine e sul personale, nelle vendite la definizione di una campagna in un periodo stagionale di picco, nelle risorse umane il mantenimento delle persone chiave o il recupero di quelle problematiche, e molto altro.

L’organizzazione è un sistema che non opera nel vuoto. Essa è immersa in un “ambiente” multidimensionale che non è limitato al solo “mercato”, intendendo per esso il luogo dello scambio economico con il cliente o il fornitore. Vi è infatti la dimensione finanziaria, ovvero lo scambio specifico con i fornitori di risorse monetarie, quella istituzionale, responsabile del sistema delle regole, quella dei media e altre ancora.

In genere di questa presenza vi è contezza all’interno dell’organizzazione solo in modalità “passiva” ovvero quando arriva una precisa perturbazione all’interno del sistema; perturbazione alla quale reagirà secondo la propria struttura. Ad esempio nel caso di un ordine da parte di un cliente moroso, un’organizzazione aggressiva dal punto di vista commerciale tenderà ad accettarlo, una più conservativa a rifiutarlo; due comportamenti diversi a fronte dello stesso stimolo.

Il rischio di questo comportamento è che col tempo le semplici reazioni secondo la propria struttura non siano sufficienti a portare ad un adeguato cambiamento (meglio evoluzione) della struttura stessa. Vi è allora bisogno di un processo comunicativo (decisionale) su un piano differente: il rapporto tra l’organizzazione e il suo ambiente. 

Questo processo va sotto il nome di Strategic Management e la Strategia d’Impresa (o Corporate Strategy) è la disciplina che si occupa di questo rapporto, la sua descrizione, le sue conseguenze in vari ambiti (economico, finanziario, organizzativo, eccetera).

Il primo passo è costruire un immagine dell’ambiente. Tale immagine però non è mai oggettiva, perché non esiste un oggettività dell’osservazione e questa è sempre una costruzione dell’organizzazione a partire dal suo punto cieco (per una illustrazione di questo concetto consultare post precedente). Dunque il processo strategico è una ‘riflessione’ dell’organizzazione su se stessa, una meta-comunicazione; attività ben più sofisticata e diffusa che una semplice elucubrazione dei vertici, affiancata dai soliti consulenti di grido, buona solo per sperare di tranquillizzare banche o investitori, spesso incomprensibile al resto del corpo organizzativo (perché non vi ha partecipato) e che si esaurisce dopo poco in lettera morta.

Iniziare tale meta-comunicazione, o detto più banalmente “fare strategia”, pone allora alcune sfide all’organizzazione:

  1. E’ una flusso comunicativo come un altro, solo con argomento diverso (non sulle operazioni ma sul rapporto sistema organizzativo-ambiente che poi dovrà influenzare le operazioni stesse). Come tale riguarda tutti, conformemente agli ambiti di competenza, e non solo i vertici. Questo perché l’organizzazione stessa è la fonte di qualsiasi suo cambiamento. Le funzioni delle risorse umane, e tutto il management, dovrebbero attrezzarsi per dare supporto prioritariamente a questo processo.
  2. Fare strategia presuppone la creazione di uno spazio comunicativo per la riflessione che abiliti l’organizzazione a riflettere su se stessa come se fosse da fuori. E’ una modalità ben diversa, e più delicata, dalle ordinarie comunicazioni sulle operazioni. Il modo migliore sarebbe dedicare uno spazio almeno annuale per tale processo.  Il processo comunicativo deve creare un confine che separa la meta-comunicazione dalla comunicazione ordinaria; attività difficile perchè la comunicazione ordinaria tende ad inibire e indebolire la meta-comunicazione. Ancora una volta le funzioni risorse umane sono nella posizione ideale per essere i custodi e i facilitatori di tale attività.
  3. Il passo successivo sarà quello di riconnettere i processi in modo tale che le meta-comunicazioni possano influenzare anche i processi di comunicazione ‘ordinari’ per rendere le decisioni strategiche accessibili al processo evolutivo (o detto più brutalmente, e impropriamente, realizzare il cambiamento voluto).
  4. Tutte le strategie, indipendentemente se volte a cambiare o stabilizzare l’organizzazione, devono risalire all’organizzazione stessa. Anche quando sembrano esserci input esterni nel processo strategico, quali tecniche e strumenti generali di strategia, essi devono essere trattati come prodotti propri dell’organizzazione, poiché è l’organizzazione che determina i loro significati e da qui i loro effetti. Questo porta ad una estrema importanza del “processo” rispetto al contenuto in caso di supporti esterni.

 

Da questa breve lista si capisce il perché della difficoltà del fare strategia (punto 2 la comunicazione ordinaria tende ad inibire e indebolire la meta-comunicazione) e il fallimento dei progetti di cambiamento (punto 1 l’organizzazione stessa è la fonte di qualsiasi suo cambiamento e punto 4  è l’organizzazione che determina i …significati e da qui i loro effetti).

A fronte di questa prospettiva, il primo passo è riconoscere la necessità della periodica meta-comunicazione strategica diffusa e praticarla, scegliendo strumenti e modalità che diano supporto e rispettino la caratteristica di “riflessività” di tale operazione. Questo può (deve?) essere un ambito di dominio delle funzioni risorse umane a reale supporto dello sviluppo evolutivo dell’organizzazione (e non semplicemente dei singoli suoi componenti dove sembra si sia appiattita).  

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