Coronavirus: pandemia dei sistemi sociali

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14 aprile 2020

In Italia a fine 2019 vi erano 23,4 milioni di persone occupate a vario titolo (tutti i dati qui riportati sono tratti dal volume Istat “Il mercato del lavoro 2019”). Ad oggi i decessi hanno superato la soglia delle 20.000 unità (0,08% della forza lavoro) e sono concentrati in una fascia di età superiore ai 70 anni (dato Ministero della Salute), numero che fa dedurre che non erano più attivi dal punto di vista lavorativo. Anche considerando le 103.616 (0,4% della forza lavoro) persone attualmente positive solo poco più di 30.000 sono ricoverati, sempre secondo il Ministero. Di questi oltre il 90% aveva una patologia pregressa, dunque probabilmente non faceva già parte del novero degli occupati.
Inoltre al momento, per stessa ammissione di molti medici dell’Istituto Superiore di Sanità, non vi è ancora la possibilità di distinguere i decessi “con” da quelli “per” coronavirus. Forse molte persone sarebbero morte ugualmente per complicanze derivanti da una comune influenza, come accade tutti gli anni. Sarebbe poi interessante confrontare i dati covid realmente acccertati con i decessi da altre cause che non si sono verificati per assenza di attività. Ad esempio in Italia ogni anno muoiono in media più di 3.000 persone per incidenti stradali che quest’anno certamente saranno di meno, visto che per un lungo periodo non si è circolato affatto. Analogo conteggio si potrà fare per gli incidenti sul lavoro, visto che nessuno sta lavorando, eccetera.

Con questo macabro computo non voglio assolutamente minimizzare la tragedia che stiamo vivendo né sminuire la validità del distanziamento sociale, purtroppo unica modalità nota e certa per impedire la diffusione del contagio. Desidero solo attirare l’attenzione sul fatto che, dalla prospettiva del sistema economico, le persone sono nella stragrande maggioranza dei casi tutte lì, in vita e in salute ma l’economia, per molti settori, è morta.

Dunque l’economia non è fatta dalle persone ma dagli scambi (di denaro) che realizzano. Interrompere questi, in virtù del necessario distanziamento sociale, significa interrompere l’economia. E’ ovvio che le persone sono importanti ma, come stiamo constatando, la loro semplice presenza non è sufficiente ad evitare la morte di gran parte dell’economia.

E non basteranno i colossali impegni presi dal governo italiano, così come da quelli degli altri paesi, nel sostenerla con immissioni di liquidità. Essi sono l’equivalente dell’intubazione forzata dei pazienti con impossibilità di respirazione autonoma: un supporto esterno finalizzato a supplire una incapacità interna. I medici ben sanno che l’esito di un periodo di tale trattamento per un periodo più o meno lungo, che ricordiamo implica una sedazione forzata, è incerto. Vi possono essere danni muscolari, cognitivi, neurologici e altro. Analogamente l’economia “sedata” potrebbe non risvegliarsi più o essere qualcosa di totalmente diverso, quasi sicuramente peggio.

Dunque se per sopravvivere vi è bisogno di continuare a respirare in modo autonomo, anche per l’economia vi è la necessità di riprendere i suoi autonomi scambi. I danni della “sedazione” saranno senz’altro irreparabili, nulla sarà come prima. Aziende fallite, col personale disperso e non più recuperabile, materiali inutilizzati, si pensi agli allevatori se saranno costretti ad abbattere il bestiame, macchinari fuori uso per sempre, per il fallimento di chi doveva fornire pezzi di ricambio o know-how, sono solo alcuni semplici esempi di ciò che accadrà se l’economia non tornerà a “respirare” da sola.

Dunque se riteniamo che l’economia, ma analoghi ragionamenti si possono fare per altri sistemi sociali (scolastico, giuridico, eccetera), sia essenziale per il nostro convivere civile, è sul suo “metabolismo” (autopoiesi) che bisogna concentrarsi non sui singoli soggetti (persone e aziende). Da un punto di vista economico abbiamo bisogno di “respirare” non di essere “intubati”. Sono le relazioni tra i soggetti che fanno il sistema sociale, non i soggetti da soli e mai come in questo frangente ne abbiamo evidenza. 

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