Contro i 'pedigree'

10 dicembre 2020

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MBA, ovvero Master in Business Administration, è una formazione di secondo livello in campo economico-aziendale. In alcuni paesi del mondo è strutturato come un programma post-universitario, in altri come una laurea magistrale in economia aziendale.

Negli USA, luogo della sua nascita, è ricercato dagli studenti ma molto costoso, soprattutto in alcune università. Anche in Italia si è diffuso e fa parte dell’offerta standard di molte istituzioni accademiche, sia pubbliche che private.

Diverse aziende valutano positivamente candidati che hanno ottenuto un MBA, valutandolo come una sorta di “rating” della professionalità. Ma proprio per questo vi sono sempre state critiche contro. Al di là degli aspetti economici, alcuni MBA costano svariate decine di migliaia di euro o dollari all’anno creando così di fatto un filtro di “reddito” tra i partecipanti, l’accusa principale è la formazione di burocrati più interessati alle tematiche della finanza e della politica dei consigli di amministrazione che delle dinamiche aziendali di prodotto e servizio. 

L’ultima critica arriva da Elon Musk, fondatore di Tesla, che si è ripetutamente scagliato contro tali formazioni  curriculari, sempre più diffuse, parlando addirittura di una “MBA-zione” dell’America:

“Ci dovrebbe essere più attenzione sui prodotti e servizi in sé e  meno tempo speso nei consigli di amministrazione e sulla finanza”.

Ovviamente c’è stata l’alzata di scudi degli istituti che erogano MBA americani, i quali hanno affermato che i programmi attuali sono focalizzati anche sullo sviluppo prodotti e sull’attenzione al mercato. Ma altri fanno eco, plaudendo le parole di Musk. Dan Rasmussen, partner di una società di investimento di Boston, pubblicò l’anno scorso una ricerca che mostrava come i programmi MBA

“…non producono CEO che sono migliori nel gestire aziende quando le loro performance sono misurate sul ritorno sul prezzo delle azioni.”

 

“Sono a favore di una società che sostiene  il fare e l’azione invece dei pedigree”

E aggiunge:

“Sono a favore di una società che sostiene  il fare e l’azione invece dei pedigree. Le persone che si dedicano all’azienda dovrebbero essere considerate migliori o uguali ad una star con MBA portata in azienda da un head-hunter.”

La polemica, pro-contro MBA, non è di adesso e le motivazioni a favore o meno possono essere tutte corrette. Una prospettiva che può aiutare a dirimere la questione, può venire da un punto di vista meramente sociale: l’azienda come sistema (ovviamente sociale).

Le aziende raggiunta una certa dimensione, dipendente dall’ambiente in cui operano (non solo mercato ma anche la politica, le istituzioni, il sistema mediatico, eccetera), diventano “istituzioni”. Da un lato sono troppo importanti per il sistema generale e devono essere quindi riconosciute come tali, dall’altro ambiscono tale status perché gli consente di acquisire stabilità (rispetto a quell’ambiente). L’istituzionalità dell’organizzazione aziendale deve essere costruita e mantenuta su basi riconoscibile dall’esterno, i suoi membri devono essere visti come componenti capaci a tale scopo non solo per quello che fanno, che è invisibile dall’esterno, ma soprattutto grazie ai riconoscimenti dati da terzi.

E’ qui che emerge il ruolo sociale dell’MBA: fornire titoli di “eccellenza” che possono giustificare, ad occhi di terzi, il carattere di qualità istituzionale di un curriculum, indipendentemente dai contenuti che possono essere acquisiti anche in modo diverso (e meno costoso). Ne hanno bisogno i membri di un consiglio di amministrazione, nel giustificare l’assunzione di un CEO agli occhi dei soci e dei media, i manager di alto livello, nel posizionare dall’esterno un candidato che non sollevi troppe polemiche e irrigidimenti nel resto dell’organizzazione, e così via.

Dunque MBA come funzione sociale per alcune richieste sociali delle aziende. Al tempo stesso hanno ragione anche Musk e Rasmussen richiamando l’attenzione sui “fatti concreti” che in azienda sono i prodotti, i servizi, i clienti. Sono dunque due viste che non si escludono ma una delle due prevale in determinate fasi del ciclo di vita dell’organizzazione aziendale.

Ne fornisce prova un testimone eccellente: Jeff Bezos. Il patron di Amazon ha sempre criticato in passato gli MBA ma oggi la sua azienda è diventato il più grande datore di lavoro di laureati MBA.

Dunque la domanda che l’azienda deve porsi, con le indicazioni da dare ai suoi recruiter secondo la risposta che si darà, è: in che fase di sviluppo sono? Quanto devo dar conto ad altri, anche all’interno dell’organizzazione, mostrando titoli e quanto ne posso fare a meno?