Gli “insulti” agli antropocentrismi

di

Luciano Martinoli
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20 dicembre 2019

Claudio Tolomeo da Alessandria era un matematico e filosofo di origine greca, vissuto tra il 100 e il 168 d.C. in Egitto. Fu autore della sintesi dell’astronomia classica e di un importante lavoro di riorganizzazione degli studi astronomici. La sua opera più importante è la “Composizione matematica”, conosciuta anche con il nome di “Grande sintassi” o Almagesto. Nei suoi tredici libri Tolomeo ordina tutte le conoscenze dell’antichità sugli astri, in particolar modo quelle dell’astronomia greca. A partire dal modello aristotelico, Tolomeo elabora una teoria geocentrica e antropocentrica del cosmo in cui la Terra è il centro dell’universo e ogni cosa vi gira intorno.

Pur essendo errata, per oltre mille anni la teoria astronomica di Tolomeo rimase l’unica spiegazione possibile del cosmo. I motivi del suo successo possono essere riassunti in due punti:
1. Il sistema tolemaico prevede con discreta precisione il moto degli astri sulla volta celeste ed è confermata dall’osservazione reale del cielo notturno da parte dell’uomo.
2. Il modello viene adottato come teoria ufficiale da parte della Chiesa cattolica, la cui politica repressiva impedì per molti secoli qualsiasi critica scientifica in Europa.

Bisognerà aspettare il 1543 per vedere la contestazione del modello Tolemaico ad opera di Nicolò Copernico.

Nel suo De revolutionibus orbium coelestium (Sulle rivoluzioni dei corpi celesti), pubblicato pochi giorni prima della sua morte, contraddiceva il modello geocentrico di Tolomeo.

Col tempo l’idea di Copernico venne recepita come teoria dell’effettiva costituzione del sistema solare, rovesciando sia la visione fisico/astronomica (geocentrica), sia la concezione filosofico/teologica (antropocentrica) della tradizione medievale.

Per questa ragione, a seguito di un accostamento proposto per primo dal filosofo Immanuel Kant, il termine “rivoluzione copernicana” è stato successivamente usato, in senso lato, anche per designare analoghi processi di capovolgimento dei paradigmi fondamentali che si sono verificati, in momenti storici diversi, in altre discipline scientifiche o filosofiche.
Ci trovammo di fronte al primo “insulto” al narcisismo umano e al suo atteggiamento antropocentrico: l’insulto cosmologico.

Fino a metà del secolo XIX era diffusa la convinzione che tutti gli esseri viventi fossero espressione di un disegno divino. Non solo, ma l’uomo in particolare era il coronamento di tale processo creativo e suo apice, essendo tutti gli altri esseri a corollario di esso. Il libro di riferimento dove veniva illustrata tale tesi era la Genesi della Bibbia.
Così come per il sistema Tolemaico, nessuno si azzardava a mettere in discussione la tesi creazionista fino a quando il 24 novembre 1859 fu pubblicato in Inghilterra un libro al prezzo di 15 scellini che andò immediatamente esaurito lo stesso giorno. Si trattava della “Origine della Specie” di Charles Darwin nel quale lo scienziato, forte delle sue numerosi osservazioni raccolte in giro per il mondo, presentava l’ipotesi che gli esseri viventi, uomo incluso, fossero il risultato di una evoluzione più o meno casuale frutto dell’adattamento nell’ambiente.

Vi furono anche in quel caso le forti critiche e opposizioni, particolarmente vivide ancora oggi soprattutto negli USA, da parte dei Creazionisti, che però non fanno altro che stigmatizzare come la nuova teoria non fosse altro che un ulteriore attacco all’antropocentrismo in biologia. Ci trovammo di fronte al secondo “insulto” al nostro narcisismo, quello biologico.

Nell’antichità pensatori greci come Platone e Aristotele furono tra i primi a confrontarsi con gli interrogativi fondamentali su come la mente funzioni. I filosofi greci esaminarono molte delle questioni di cui gli psicologi continuano a occuparsi oggi. Non vi erano dubbi però che la nostra volontà potesse controllare sempre e completamente i nostri pensieri e il nostro comportamento.
Fu solo con il lavoro di Sigmund Freud, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, che venne portato l’attacco anche a questa convinzione, dando altresì prime spiegazioni a fenomeni che già la facevano traballare.
Pensieri e comportamenti erano determinati da fenomeni inconsci che la mente non è in grado di controllare, libido, pulsione, super-io, eccetera, e dunque anche nel caso della mente, che pure ci appartiene, crollò un altro antropocentrismo: vi fu l’insulto psicologico. (Freud fu anche l’autore della lista degli “insulti” che ho presentato ).

Arriviamo verso la fine del secolo scorso, in un epoca dove ancora si credeva, nonostante le sempre più numerose evidenze del contrario, che l’uomo potesse controllare anche i fenomeni sociali e la società nel suo insieme. La politica era considerata l’attrice in grado di governare l’intera società, l’economia si pensava che avesse le sue leggi le quali, una volta note, potevano consentire di guidarla a proprio piacimento, le organizzazioni, sopratutto quelle aziendali, erano governate da rigidi protocolli e indicazioni dei loro capi, e così via. Niklas Luhmann (1927-1998), sociologo tedesco, prese la responsabilità di lanciare il “quarto insulto” all’antropocentrismo, quello sociologico.
Ad esempio l’evidenza della incapacità della politica di controllare la società, ne è la prova più evidente:.

Noi riteniamo queste verità auto-evidenti: che tutti gli uomini sono creati
uguali; essi sono dotati dal loro Creatore di diritti innati e inalienabili; che
tra questi sono la vita, la libertà, e il perseguimento della felicità; che per
assicurare questi diritti, i governi sono istituiti tra gli uomini, che derivano i
loro giusti poteri dal consenso dei governati

Sono parole tratte dalla dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, il paese che ha creato il più grande sistema di schiavitù e oppressione mai realizzato al mondo, per dimensione e durata. Inoltre ancora ai giorni nostri è responsabile di discriminazioni diffuse e tollerate basate sulla razza e sul credo religioso. Perché la politica non è riuscita a far scomparire tutto questo, pur avendolo dichiarato come sua priorità nella carta fondamentale?

Che dire poi dell’economia dove è evidente la totale imprevedibilità del sistema economico nonostante gli sforzi di politici, banchieri, aziende. Perché l’inflazione non aumenta nonostante le azioni delle banche centrali? Perché i salari non aumentano in quei paesi dove l’occupazione è ai massimi?…

Nel caso delle organizzazioni ci sono evidenze quotidiane. Programmi di cosiddetto “Change Management” che non cambiano nulla o per poco (e se qualcosa di ciò che si voleva realizzare accade non si riesce e replicarlo in altri contesti), manager strapagati che contano poco sulle prestazioni collettive aziendali, eccetera.

Luhmann ha avuto il merito di proporre un modello che desse conto di queste dinamiche a partire proprio dalla constatazione che la volontà dei singoli non determina i fenomeni sociali. Certo può fare da “innesco”, qualsiasi politico, banchiere o manager è libero di mettere in atto un provvedimento, ma i risultati difficilmente saranno vicini alle aspettative.

Anche l’organizzazione è un sistema sociale e, accogliendo la prospettiva di Luhmann, anch’essa è autonoma rispetto alle volontà e dinamiche dei singoli.
L’organizzazione è cosa diversa dalle menti e dai corpi delle persone di cui pure fanno parte. Il modo con cui va avanti non è simile ai pensieri o ai processi fisiologici, pur venendone influenzata. Accogliere questa cesura consente di superare l’equivoco dell’antropocentrismo anche in ambito sociologico e, di conseguenza, organizzativo realizzando anche qui una “rivoluzione copernicana”.
L’antropocentrismo sociale, come nel caso cosmologico, biologico e psicologico, non riesce a dar conto della complessità del mondo che ci circonda; soprattutto quello di oggi, dalla politica all’economia,  passando per le organizzazioni aziendali.

Luciano Martinoli

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